domenica 2 luglio 2017

Convivere con il tumore senza eliminarlo

Convivere con il tumore senza eliminarlo

Vorrei proporvi un'articolo apparso poco tempo fa' sul Coriere della Sera di Vera Martinella.
E' un nuovo approccio contro la lotta ad alcuni tumori.

 A proporre un nuovo approccio nella cura del cancro è uno studio americano recentemente pubblicato da scienziati dell’Università di Boston sulla rivista Science Translational Medicine, in cui si avanza l’ipotesi secondo la quale potrebbe essere più efficace sottoporre i malati a sedute di chemioterapia a basse dosi prolungate nel tempo, per tenere la malattia sotto controllo, piuttosto che somministrare trattamenti intensivi con l’intento di eliminare completamente le cellule cancerose. 
«Negli ultimi 60 anni l’uccisione di ogni cellula malata è stata l’obiettivo delle terapie oncologiche e, a tal fine, i malati sono stati curati (ogni volta possibile) con chirurgia radicale e i massimi livelli tollerabili di chemio e radioterapia - scrivono gli autori -. 
Quando si riesce a raggiungere questo traguardo si può parlare di guarigione, ma in molti casi ancora non è possibile “sgombrare completamente il campo” dalle cellule cancerose. 
Quindi, a fronte delle più recenti scoperte sul micro-ambiente tumorale, man mano che impariamo a capire come la malattia progredisce e i modi che trova per resistere alle terapie, abbiamo pensato che il modello dell’ eradicazione completa potesse essere errato e che servisse una strategia “adattabile”».

Lo studio su cavie con cancro al seno
Per ora i ricercatori, guidati da Giannoula L. Klement della Tufts University School of Medicine di Boston, hanno condotto test utilizzando un chemioterapico molto diffuso (paclitaxel) su cavie di laboratorio affette da due tipi di versi di carcinoma mammario. 
Il trattamento standard, molto aggressivo, è riuscito a diminuire le dimensioni della neoplasia, che è però poi ricresciuta una volta terminato il ciclo di cure. Invece, la “strategia di adattamento” (anche detta adattiva o adattabile), che consiste in un’iniziale elevato dosaggio di farmaco poi seguito da quantità progressivamente minori, si è rivelata più efficace nel tenere sotto controllo la crescita del tumore: tra il 60 e l’80 per cento dei topi sono infatti stati gradualmente svincolati dalla chemioterapia (arrivando a un intervallo tra una somministrazione e l’altra anche di alcune settimane) senza avere ricadute per un periodo di tempo molto lungo. «In molti pazienti oncologici - commenta l’autrice della sperimentazione - non si riescono a uccidere tutte le cellule cancerose, nonostante cure intensive che comportano anche pesanti effetti collaterali. 
Spesso accade che i chemioterapici eliminino le cellule malate che sono sensibili a quel medicinale, ma lascino intatte altre cellule cancerose che continuano a proliferare. 
E intanto, con dosaggi elevati, si danneggiano pesantemente anche altre parti sane dell’organismo. 
Questa nuova strategia, invece, viene elaborata gradualmente sulla base della risposta che si ottiene ai primi trattamenti: piuttosto che cercare di ridurre completamente la massa tumorale puntiamo a stabilizzarla».

«Assecondare» i cambiamenti nel microambiente
Già oggi alcuni schemi di terapia, spesso utilizzati nei pazienti con tumore avanzato, si basano sulla somministrazione meno intensa ma più frequente di farmaco
Non si ottiene una importante riduzione della massa neoplastica, ma un suo più prolungato controllo. «Le cellule tumorali vivono un sistema altamente dinamico e le terapie attualmente somministrate si basano su un modello tipicamente lineare basato sulla “massima dose tollerata” - commenta Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica 1 all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma -. 
La risposta al trattamento è spesso transitoria e le terapie frequentemente falliscono a causa delle cellule cancerose resistenti che riescono a trovare il modo di sopravvivere e crescere in un microambiente altamente eterogeneo. 
L’approccio della terapia adattabile, si basa proprio su questa eterogeneità: punta a “inseguire” e “assecondare” i cambiamenti all’interno del microambiente cellulare che è determinante anche nel modulare la risposta immunitaria del paziente verso il tumore. 
Alcune simulazioni matematiche avevano già dimostrato che ciò potrebbe portare a un aumento della sopravvivenza dei malati. 
Anche gli esiti di quest’ultima ricerca suggeriscono che il dosaggio decrescente della strategia adattiva possa contribuire al controllo tumorale grazie alla normalizzazione vascolare indotta dalla stabilizzazione della massa cancerosa».

Calibrare gradualmente i farmaci per controllare il tumore
In pratica, un precedente modello matematico aveva evidenziato che le cellule tumorali resistenti in tumori non trattati sono in numero considerevolmente inferiore rispetto a quelle più sensibili e “vivaci” perché sono meno forti di queste ultime. 
«Se si somministra una chemioterapia nel modo usuale, questa sarà in grado di alterare questo rapporto - spiega Cognetti -: le cellule più sensibili ridurranno considerevolmente il loro numero e di conseguenza si ridurrà la massa tumorale, fino a favorire una transitoria normalizzazione del microambiente a favore della crescita delle cellule resistenti. 
Il modello di terapia adattabile, basandosi su questa teoria, suggerisce di modulare continuamente la somministrazione dei farmaci, per raggiungere solo un piccola parte delle cellule sensibili. L’obiettivo è quello di mantenere un certo numero di cellule sensibili (e quindi la massa tumorale) che possano inibire la crescita di quelle resistenti. 
La strategia è quindi non quella di “guarire”, ma di “stabilizzare” la malattia nei pazienti con malattia avanzata. 
Naturalmente questi primi risultati possono essere solo il punto di partenza per l’avvio di studi clinici con ampia casistica di pazienti al fine di confermare o meno i risultati qui ottenuti. 
Ma è una strategia interessante, perché se è importante la ricerca di nuovi farmaci, per vincere la lotto al cancro è altrettanto rilevante esplorare la possibilità di un diverso utilizzo di farmaci già in uso al fine di ottimizzarne la resa».



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